Era un suo desiderio che aveva manifestato alla moglie prima di essere aggredito da un male oscuro, in uno dei momenti in cui si parla di che cosa succederà prima o poi . E quel poi è arrivato anche per Mario Lusente da Bussolengo e i suoi congiunti nell’ultimo hanno esaudito quel suo desiderio.
Se ne è andato in questi giorni Mario Lusente, di anni 74,ex giocatore della gloriosa Audace dal 1964 al 1968 ,che allora militava nella serie D, e per importanza storica e sportiva seconda solo al Verona . Era di prestigio giocare in quella società ,famosa per aver fornito alla nazionale italiana ben sette giocatori , con trasferte nell'Italia settentrionale e contro super squadre.
Lusente, all'Audace ci è rimasto quattro anni e di soddisfazioni sportive e personali ne ha accumulate. Da qui salì a Belluno dove nella stagione 70-71 conquistò la promozione in serie C. Ma i colori rossoneri dell'Audace e quei quattro anni trascorsi a San Michele non li ha mai scordati ,li sono rimasti addosso e se li è portati con se ,eternamente.
Di quel periodo all'Audace ,Lusente ,aveva conservato con cura una divisa composta da una giacca nera con cucito,all’ altezza del cuore , uno scudetto rossonero, i colori sociali dell’Audace e pantaloni; un abbigliamento che gli era stato fornito dalla società ,da indossare nelle trasferte o in altre occasioni importanti. Lusente quella divisa a lui tanto cara ,ricca i ricordi e momenti felici ,se l'aveva conservata con cura dentro in un armadio e pronta per farsela indossare nel suo addio.
La scelta di Lusente ci è stata segnata con forte commozione da Raffaele Castellini un suo ex compagno di squadra ,sia nell'Audace che nel Belluno. "Con Mario ho giocato insieme per un paio d'anni nell'Audace e ben cinque stagioni nel Belluno, sotto la guida del veronese Eros Beraldo che ci aveva voluti con se dopo averci allenato nella squadra di San Michele. Mario era un difensore arcigno ,prestante e con dei piedi buoni. A Belluno lui era diventato il mio angelo custode , interveniva sull’avversario che durante la partita mi massacrava fallosamente per limitare il mio gioco centrocampo e che sfuggiva al controllo dell’arbitro. Mario , con furbizia faceva sentire i suoi tacchetti negli stinchi del reo, con stile e con il sorriso sulle labbra . Era talmente bravo a non farsi scoprirete che non è mai stato espulso dal campo per falli o scorrettezze sugli avversari. (Renzo Cappelletti)